PROGRAMMA-MANIFESTO PER UNA NUOVA MEDICINA E BIOLOGIA DELLA RIPRODUZIONE
Cari Operatori della PMA Italiana, o meglio della Medicina e Biologia della Riproduzione,
dopo le sentenze della Corte Costituzionale che hanno riconsegnato a tutti noi l'autonomia e la responsabilità nel
decidere sull’atto sanitario; riconosciuto la legittimità della Procreazione medicalmente assistita (PMA) come metodo
terapeutico per favorire il concepimento e legittimato il diritto della coppia di autodeterminarsi nella libera scelta di
avere una famiglia con figli; dopo la modifica sostanziale della Legge 40/2004 oggi più rispettosa della sicurezza dei pazienti;
dopo l’inserimento della PMA nei LEA, possiamo riprendere un cammino interrotto e rispondere alle sfide del futuro.
Possiamo quindi aprire una nuova stagione, concreta e costruttiva, anche nei confronti di chi ha avuto e ha una sorta di
pregiudizio e diffidenza nei nostri confronti.
Tuttavia, per quanto riguarda la PMA, dobbiamo essere consapevoli di alcune – e rilevanti – ombre che tuttora sussistono:
- - nella Legge 40/2004, ancora siamo considerati dei tecnici (in tutto il testo, la parola medico è nominata solo due volte);
- - nella medesima Legge, le Linee Guida scientifiche sono determinate dal Ministero della
Salute e – unico caso al mondo – sono vincolanti;
- - non siamo stati convocati come società scientifiche della PMA al Tavolo sulla Fertilità;
- - sussiste una difficoltà rilevante ad avere qualsivoglia interlocuzione con le istituzioni nazionali e regionali
(solo in alcune regioni è stato costituito un apposito Tavolo di confronto in cui sono presenti i sanitari);
- - il Ministero della Salute non ha avviato la campagna per la donazione dei gameti, dopo l’eliminazione del divieto a
seguito dell’intervento della Corte Costituzionale, rendendo a volte difficoltosa anche la loro importazione; né
ha inserito nelle Linee Guida ultime (2015) la diagnosi pre-impianto, come se fosse tuttora non legale;
- - troppe volte si è dovuto procedere “a colpi di sentenze” per legittimare e riconoscere pratiche mediche consolidate
al livello internazionale;
- - nonostante l’inserimento nei LEA, rimane assoluta incertezza sulla predisposizione delle risorse
finanziarie al settore della PMA e si avverte una ridotta attenzione delle istituzioni nazionali e regionali nei
confronti del settore pubblico, oltre che alla creazione di un rapporto corretto e bilanciato tra pubblico, privato e accreditato.
Tutto ciò ha diverse cause, anche legate a un contesto culturale e politico non adeguato.
Ma noi abbiamo purtroppo anche nostre responsabilità. In primis, la poca consapevolezza del nostro ruolo pubblico nei rapporti
con le istituzioni e nei confronti dell’opinione pubblica; l'eccessiva frammentazione e nell'interlocuzione nelle
sedi competenti; la mancata visione unitaria della PMA; l'inaccettabile conflittualità e la mancanza di dialogo
tra le diverse competenze (ginecologici, andrologi, biologi, ostetriche, ecc.);
il carente rapporto con altri soggetti pur indispensabili nel percorso terapeutico
(come i medici di medicina generale, i medici consultoriali, gli psicologi, le strutture pubbliche territoriali, le università);
la contrapposizione tra pubblico e privato; ecc..
Inoltre, il rapporto con le associazioni di cittadini e di pazienti è stato sporadico, senza una interlocuzione
costante a cui si aggiungono evidenti difficoltà di comunicazione efficace con i pazienti.
Quanto descritto sinteticamente è risolvibile se si affronta la
Medicina e la Biologia della Riproduzione
in senso ampio ed esteso, rappresentando all’esterno che si è di fronte a
percorsi diagnostici e terapeutici articolati
e integrati e non solo delle mere metodiche di PMA (cd I, II e III Livello con cui il settore è considerato nelle attuali
Linee guida ministeriali).
E inoltre, che vi concorrono una
molteplicità di professionalità (ginecologi, endocrinologi, andrologi, urologi, biologi,
genetisti, oncologhi, psicologi, medici di Medicina generale, ostetriche, cc.) e quindi tutti coloro che, per contatto diretto con i pazienti, si confrontano, nella loro azione diagnostico/terapeutica, con l’infertilità o con potenziali cause di infertilità. Allo stesso tempo, si dovrebbe tener conto della
molteplicità delle sedi dove si svolge tale azione e quindi non restringere il campo ai soli centri di PMA ma anche all’ambito territoriale, ai Consultori, alle strutture ospedaliere e universitarie, ecc. E infine, con quei soggetti – come i giuristi e bioeticisti – che in questi anni si sono confrontati con noi e hanno consentito un avanzamento culturale e sociale al nostro Paese.
Solo con questa consapevolezza, con un impegno a creare un
circolo virtuoso, con l'unione di tutti i soggetti in campo nella
Medicina e Biologia della Riproduzione, sarà possibile migliorare la nostra pratica sanitaria e la nostra interlocuzione con le istituzioni nazionali e regionali. Non è più il tempo di essere autoreferenziali o divisi in mille rivoli.
Ora è tempo di crescere.
Abbiamo alcune sfide che ora si devono raccogliere e l’interesse suscitato da tanti operatori lo dimostra.
1) LE LINEE GUIDA TERRITORIALI
L'entrata della PMA nei LEA, istituzionalizza la nostra Arte Medica, ne eleva il peso specifico e apre le porte dell'integrazione nel Sistema Sanitario Nazionale.
Il processo di integrazione dipende dalle capacità
di far riconoscere e apprezzare il lavoro svolto da anni,
in stretta aderenza alle evidenze scientifiche e in un’ottica di miglioramento continuo.
Per fare ciò, occorre diventare protagonisti nello sviluppo di una cultura della Medicina e Biologia della Riproduzione che coinvolga in primo luogo il territorio, dando ruoli ai Consultori, ai Medici di Medicina Generale, alle strutture.
Di conseguenza, la prima proposta è quella di scrivere delle vere e proprie
Linee Guida
Territoriali in cui si individuino – senza burocratizzare e "ingessare" o ulteriormente frammentare l’attività sanitaria, come in alcuni casi è successo -
percorsi di diagnosi e terapia e si definiscano i diversi ruoli delle figure sanitarie che operano nei territori, avendo di mira che non si può prescindere da una presa in carico globale delle persone e delle coppie.
Un riferimento utile è l’esperienza dei NICE inglesi, avendo però consapevolezza delle nostre peculiarità e della presenza in Italia di un soggetto importante come i Consultori, nelle loro funzioni legate alla genitorialità e quindi alla maternità e paternità consapevole, all’informazione, alla prevenzione e al sostegno delle persone. La Legge 40/2004 prevede questo apporto che potrebbe essere prezioso, sempre e comunque nel rispetto dell’autodeterminazione delle donne e degli uomini e con una attenzione particolare per gli adolescenti nel percorso di prevenzione dell’infertilità.
2) LE SOCIETA’ SCIENTIFICHE E LE LINEE GUIDA CLINICO-SCIENTIFICHE
La nuova legge in materia di responsabilità sanitaria (Legge 8 marzo 2017 n. 24) prevede che siano di riferimento per i giudici le Linee Guida emanate dalle Società scientifiche. Al riguardo, quindi, vi sono due necessità fondamentali e prioritarie:
avere il riconoscimento di una Società scientifica che sia specificamente del settore, che operi e sia
di riferimento effettivo per le istituzioni nazionali nonché creare delle vere Linee Guida clinico-scientifiche, frutto della società scientifica e non del Ministero della Salute, aggiornate continuamente alla luce del progresso medico e delle evidenze scientifiche, come più volte detto dalla Corte costituzionale.
Per arrivare a questo, tuttavia, occorre essere consapevoli che l’unico settore in cui le Linee Guida non sono scritte dagli operatori sono quelle della PMA, per di più vincolanti, a differenza di ogni altro settore medico o sanitario. Nel passato sono state scritte da soggetti che non conoscono la materia, dirette a creare ostacoli, obblighi e divieti, anche non previsti dalla Legge (il riferimento è alle Linee guida del 2004, bocciate dal TAR LAZIO).
Sarebbe la prima volta che le Linee guida inerenti la PMA sarebbero fatte dagli operatori e poi proposte alle istituzioni competenti. Con un gran vantaggio per tutti: darebbero atto della complessità e della articolazione del mondo della PMA e delle sue metodiche,
sarebbero condivise e quindi più chiare ed efficaci, potrebbero essere aggiornate con i tempi necessari e con l’indicazione delle migliori metodiche a disposizione. Potrebbero consentire
una formazione degli operatori appropriata dando atto della complessità della Medicina e Biologia della riproduzione, senza cadere in una sorta di riduzionismo e di semplificazione, e arrivando al riconoscimento di un titolo abilitante per la professione.
Ma occorre anche rispettare quanto indicato dalle nuove norme e da quelle già esistenti (il cd Decreto Sirchia del 2004) in cui si indicano i criteri per il riconoscimento delle Società Scientifiche. Tra questi:
la rappresentatività; lo statuto democratico e partecipativo; la libertà di accesso e il peso del voto dei singoli associati; la trasparenza e la pubblicità dei bilanci; l’assenza di conflitti di interessi; la formazione e l’aggiornamento continuo.
Su tale fronte,
il ritardo è immenso e il modo di essere e di agire non è conforme a quanto previsto.
Con la situazione attuale si rischia di non avere alcuna Società Scientifica della PMA e di perdere ancora una volta il ruolo dovuto. Per avere riconosciuta la dignità, occorre non disperdersi in molteplici società, con molteplici presidenti e consigli direttivi, che a volte entrano in rapporto con le istituzioni a titolo personale e senza alcuna indicazione dalla propria società.
Ciò non significa operare in solitario o negare Società scientifiche – soprattutto quelle cd generaliste, come ad esempio quelle dei ginecologi o degli andrologi – avere la consapevolezza e soprattutto rappresentare all’esterno che la PMA è una “cosa” troppo complessa e articolata per essere riassorbita e non trovare un proprio luogo di discussione, in cui tutte le voci delle diverse competenze del settore possano esprimere la propria identità ed esperienza. Ciò non vuol dire far mancare una interlocuzione costante con queste Società scientifiche.
Ma, al contrario del passato, sono loro che dovrebbero sostenere noi, riconoscere il ruolo specifico e non tentare di annullarlo.
Occorre in sintesi, unificare le società attuali e creare un organismo unico – anche federato – tra le diverse componenti, che sia di riferimento per i cittadini e le istituzioni. Deve essere visibile che esiste una Medicina e Biologia della Riproduzione e non tecnici o peggio “apprendisti stregoni” che giocano sulla vita delle persone. La mancata comprensione di questa necessità condurrà alla sparizione, a un nuovo occultamento, oltre che una irrilevanza di tutto il mondo della PMA. Si deve iniziare a comprendere come la presenza di vere società scientifiche costituisca oggi l’unico strumento effettivo per sviluppare una visione nuova e moderna della PMA e contare sul piano delle decisioni
3) UNA ALLEANZA CON LE ASSOCIAZIONI
E’ indispensabile che si costruisca una salda e intelligente alleanza con le associazioni dei pazienti e dei cittadini. Dobbiamo sempre ricordare che solo grazie al coraggio delle coppie e dei loro avvocati – e di pochi medici – si è riusciti a modificare la legge 40/2004, la quale sarebbe ancora oggi uguale e costringerebbe gli operatori a lavorare in contrasto con le buone pratiche e le evidenze scientifiche. Se vogliamo riuscire nella nostra impresa diretta a dare rilevanza al nostro lavoro, il rapporto con le associazioni diventa fondamentale, in una visione di autonomia e indipendenza, rispettando i ruoli e senza conflitti di interessi.
Le associazioni possono avere un ruolo rilevante su diversi fronti:
- - per la costruzione di un sistema di sicurezza e di risk management nonchè di miglioramento continuo delle metodiche, perché rappresentano i nostri principali interlocutori e sono i primi che avvertono l’impatto delle metodiche e delle terapie (rielaborando e innovando progetti dell’Agenzia nazionale dei servizi sanitari sul rischio clinico nella PMA);
- - per la definizione di percorsi unitari, specifici e personalizzati in una visione di umanizzazione e di rispetto dei diritti, così da dare una risposta sempre più efficace alla domanda di avere un figlio ( es. progetti regionali sull’umanizzazione delle cure, promosse anche da organizzazioni di cittadini come Cittadinanzattiva);
- - per creare e/o consolidare i Tavoli e le Commissioni regionali sulla PMA e per farli lavorare in una visione unitaria e nazionale, così da evitare difformità regionali, soprattutto sotto il profilo dei criteri di accesso e del rispetto delle normative nazionali. Nonché, creando sinergie e avendo un alleato, o comunque, un soggetto portatore di un punto di vista che può coincidere con quello degli operatori per la costruzione di buone pratiche, per avere e far distribuire correttamente le risorse economiche; instaurare modalità trasparenti e corrette;
- - per affrontare tutta la problematica relativa alla prevenzione della infertilità, alla sensibilizzazione sui corretti stili di vita e soprattutto l’azione diretta a evidenziare l’impatto negativo dell’inquinamento ambientale sulla capacità riproduttiva (ad esempio con il lavoro dall’associazione e rete Ecofoodfertility).
- - Per l’informazione e la sensibilizzazione diretta ai giovani e alle coppie sulla preservazione della fertilità da fare insieme agli operatori (da tempo tutte le associazioni di coppie infertili sono impegnate in questo ambito nelle scuole o nelle strutture sanitarie o attraverso Sportelli e luoghi di ascolto).
- - Per far approvare una nuova Legge sulla PMA, così che sia più aderente ai bisogni delle persone garantisca prestazioni rispettose delle evidenze scientifiche e delle buone pratiche, non limitando la sperimentazione e l’innovazione scientifica.
- - Per monitorare la qualità dei servizi e delle strutture in una ottica di miglioramento e aderenza ai bisogni delle coppi, se necessario con la stesura di un codice di comportamento dei vari operatori.
In questo percorso deve trovare posto la redazione di un Libro Verde, strumento utilizzato nel mondo anglosassone e in sede europea per portare il punto di vista dei cd stakeholder, ossia di tutti i soggetti direttamente o indirettamente coinvolti in un settore, e rendere evidenti le criticità. Il Libro Verde potrebbe contenere proposte, sulla base di una fotografia reale e attuale della PMA, mettendo in evidenza la situazione nelle diverse regioni e facendo emergere eccellenze e criticità; verificando i fondi e le risorse messe sul serio a disposizione dal Ministero della Salute e dalle Regioni, nonché accertando il loro utilizzo. Il Libro Verde può costituire una modalità per un monitoraggio annuale sull’andamento dei livelli assistenziali nelle diverse regioni. E’ fondamentale in questa fase di approvazione dei LEA della PMA che il sistema vada effettivamente a regime, non ci sia dispersione e spreco di denaro, avvenga un reale potenziamento delle strutture impegnate nell’ambito della prevenzione e preservazione della fertilità e soprattutto siano garantiti il personale, i dispositivi e i macchinari; siano trasparenti ed efficaci le procedure di sostegno alle coppie e siano sul serio assicurate le prestazioni e non scritte solo sulla carta; vi sia una corretta informazione e una buona mobilità sanitaria che non danneggi le coppie più disagiate economicamente; sia colmato il gap tra le regioni del centro sud e del nord, ecc. Un lavoro congiunto tra operatori e associazioni potrebbe rendere evidente tutto questo e concorrere a dare effettività a quanto previsto, dimostrando agli stessi enti regionali come non disperdere risorse e fondi in direzione di altri paesi esteri.
4) L'INTERLOCUZIONE CON LE ISTITUZIONI REGIONALI
Come tutti sanno, ma come è anche apparso evidente con l’attuazione della sentenza della Corte Costituzionale in merito alla
cd fecondazione eterologa, il ruolo delle Regioni è fondamentale. Tutte le decisioni in ambito sanitario vengono discusse e
risolte con l’obbligatorio e vincolante parere delle Regioni all’interno della Conferenza delle Regioni e poi confluiscono in accordi tra Stato e Regioni nell’ulteriore e apposita Conferenza Stato-Regioni. Negli ultimi anni si è creato un Tavolo tecnico della Conferenza delle Regioni, specifico sulla PMA. Tuttavia, la presenza degli operatori della PMA è stata diluita fra altre figure in rappresentanza delle Regioni e di conseguenza la nostra azione e il nostro ruolo sono stati ridotti quanto a peso e a capacità decisionale. Al riguardo, è necessario rilanciare il lavoro svolto, ma in modo più incisivo e soprattutto garantendo che coloro che sono presenti al Tavolo siano a tutti gli effetti i rappresentanti degli operatori e delle realtà territoriali, raccogliendo e portando in discussione le questioni che hanno necessità di essere risolte. Al riguardo è indispensabile interloquire con le istituzioni in modo competente, univoco e determinante. La diffusa pratica delle relazioni personali e della partecipazione ai tavoli di persone che spesso rappresentano solo se stessi e pochi altri – come è stato spesso fino ad ora - rendono inefficaci se non deleteri, tutti i tentativi di contare. Allo stesso modo, è importante sviluppare programmi organizzativi e strutturali, capaci di dare le giuste e adeguate risposte alle specifiche domande di salute che provengono dai singoli territori. Oltre che avviare attività di interlocuzione con il Registro della PMA, con il Centro Nazionale Trapianti (CNT), con l’Istituto Superiore di Sanità e le Istituzioni parlamentari secondo gli specifici ambiti.
5) Il CENTRO STUDI
Come già posto in evidenza, la cultura del nostro Paese è stata ed è spesso inadeguata a rispondere alle esigenze e alle istanze provenienti dai cittadini, dagli operatori e dagli scienziati. Ancora oggi è messa in discussione, non di rado su basi puramente ideologiche o morali, la legittimità della ricerca scientifica e la possibilità di avviare programmi e progetti, in linea con quanto avviene negli altri paesi e sul piano internazionale. Sussiste un deficit di informazione, di riflessione e di approfondimento che rischia di aumentare il grave ritardo italiano e operare scelte contrastanti sia con l’evoluzione scientifica che con i diritti fondamentali dei cittadini. A questo riguardo, non può sfuggire la necessità di creare una sede di confronto, incontro e di elaborazione, per sviluppare una cultura laica delle scienze in cui vi sia anche la Medicina e la Biologia della Riproduzione. Si propone in tal senso, la creazione di un Centro Studi che affronti e sveli le specificità di genere della nostra epoca; studi i cambiamenti socio-culturali dei concetti di fecondità e di genitorialità in accordo con i diritti e i principi fondamentali dell’uomo; fornisca un contributo nel dibattito politico e sociale, nell’elaborazione di normative e di politiche pubbliche, nel dare un supporto al progresso sociale. L’ampia rappresentanza di operatori (ginecologi, andrologi, biologici, genetisti, ecc.) di scienziati, antropologi, sociologi e psicologi, di giuristi e filosofi consentirebbe una riflessione e uno studio integrato e circolare in grado di produrre posizioni autorevoli e imprescindibili. In questo Centro dovranno essere presenti e partecipare attivamente le organizzazioni civiche e di rappresentanza dei pazienti, così da garantire una effettiva aderenza alla realtà e alle problematiche esistenti nella società italiana. Il lavoro è immenso ma allo stesso tempo entusiasmante e straordinariamente interessante.
Affrontiamolo con coraggio e determinazione. Tutti insieme