S.I.R.U. Società Italiana della Riproduzione Umana

CAMERA DEI DEPUTATI ODG n.9/2700/134 on.le Mammì accolto

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    Ad oggi, in una fase in cui persistono il rischio di contagio e le conseguenti necessità di ridurre le occasioni di trasmissione del virus, si rende necessario rafforzare l'offerta del servizio sanitario in tutto il territorio italiano, così da poter fornire le prestazioni indispensabili. Tra esse sono comprese le prestazioni nell'ambito della procreazione medicalmente assistita, che contribuiscono fortemente all'incremento della natalità nel nostro Paese e sono già inserite anche nei nuovi Livelli essenziali di assistenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM) del 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502);
    all'articolo 24 del citato decreto è disposto che il Servizio Sanitario Nazionale garantisce consulenza, supporto psicologico e assistenza per problemi di sterilità e infertilità e per procreazione medicalmente assistita; l'elenco delle prestazioni ambulatoriali specialistiche include, infatti, l'inseminazione artificiale, la FIVET ed ICSI (fecondazione in vitro), fecondazione eterologa (con donazione di gameti) e il trasferimento in utero degli embrioni ottenuti con queste tecniche;
    dall'ultima Relazione del Ministro della salute (2019 – con dati del 2017) risulta che sono 366 i centri di PMA attivi nel 2017; 78.366 le coppie trattate con tecniche di procreazione medicalmente assistita di primo, secondo e terzo livello; 97.888 i cicli di trattamento iniziati; 18.871 le gravidanze ottenute; 12.490 i parti ottenuti; 13.973 i bambini nati vivi che rappresentano il 3,0 per cento del totale dei nati in Italia nel 2017 (458.151 nati vivi, fonte ISTAT);
    in un Paese a bassa natalità, il settore della PMA appare strategico anche per l'attività di prevenzione e di preservazione della fertilità, oltre che di cura dell'infertilità e della sterilità;
    tuttavia, il settore della PMA è caratterizzato ad oggi da una rilevante mobilità interregionale (arrivata nel 2017 a più del 27 per cento), nonché verso altri Paesi europei (ad esempio Spagna e Grecia), determinando un aggravio di spese per lo stesso sistema sanitario e per le regioni più deboli (a causa dei rimborsi e anche per le difformità di tariffazione esistenti);
    la persistenza della pandemia determina l'impossibilità per le coppie di conseguire il proprio progetto genitoriale contribuendo così ad un ulteriore decremento della natalità;
    al fine di promuovere la sanità territoriale e consentire di fornire prestazioni essenziali, una possibile soluzione al problema appare identificabile nell'accesso alle prestazioni nell'ambito della PMA nella regione di residenza del paziente, garantendo una reale presa in carico del medesimo e salvaguardando gli stessi operatori sanitari da potenziali occasioni di contagio riconducibili alla mobilità passiva;
    in particolare, la riduzione del ricorso alla mobilità passiva potrebbe essere ottenuta tramite l'accreditamento con il Servizio Sanitario Nazionale di strutture sanitarie private dotate di autorizzazione specifica per coprire il fabbisogno di prestazioni nell'ambito delle tecniche di procreazione medicalmente assistita,
 
impegna il Governo:
 
   a valutare l'opportunità di adottare misure che riducano la mobilità sanitaria regionale passiva per la fruizione di prestazioni sanitarie all'interno dei Centri di procreazione medicalmente assistita;
   a valutare l'opportunità di rendere applicabili i nuovi LEA relativi alla procreazione medicalmente assistita come definiti nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM) del 12 gennaio 2017, al fine di garantire l'erogazione delle prestazioni sul territorio in modo uniforme e poter procedere anche all'accreditamento e al convenzionamento con i centri pubblici e privati per garantire la procreazione medicalmente assistita.
9/2700/134. Mammì, Ianaro, Lorefice, Nappi, D'Arrando
 
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